Dissalazione: come sfruttare il potenziale dell'acqua di mare
08 febbraio 2023
08 febbraio 2023
La dissalazione è in grado di fornirci acqua potabile e sicura. Ma come possiamo decarbonizzare il processo?
Questo articolo, tradotto dall’inglese, è stato pubblicato originariamente sul blog internazionale di Stantec. Traduzione e adattamento di Emanuele De Mattia.
Una delle sfide più importanti che la società deve affrontare oggi, e che continuerà ad affrontare in futuro, è quella di fornire acqua potabile alle comunità soprattutto a quelle che scarseggiano di questa risorsa.
Dalle regioni con climi aridi che hanno poca acqua a disposizione, alle regioni che stanno vivendo una siccità prolungata, possiamo vedere come la crisi idrica stia colpendo le comunità in modo trasversale. Quindi, quali strumenti abbiamo a disposizione per produrre più acqua potabile? La dissalazione dell'acqua di mare potrebbe essere la risposta.
Il processo di dissalazione rimuove il sale dall'acqua di mare per produrre acqua dolce che le persone possono utilizzare e consumare ed è considerato una possibile soluzione alla crisi idrica. Dopo tutto, l'acqua di mare rappresenta oltre il 96% di tutta l'acqua presente sulla Terra, quindi, se riusciamo a trovare un modo per sfruttare l'acqua di mare attraverso la dissalazione, dovremmo avere acqua dolce più che sufficiente per la società del futuro.
Tuttavia, il processo di dissalazione è soggetto a critiche perché troppo costoso o dannoso per l'ambiente, e la preoccupazione maggiore è che sia troppo intensivo in termini di emissioni di carbonio. È qui che possiamo vedere la crisi idrica e la transizione energetica fondersi. Abbiamo bisogno di acqua pulita, ma dobbiamo anche ridurre la quantità di emissioni di carbonio rilasciate nell'atmosfera. Possiamo ottenere entrambi gli obiettivi?
Di seguito, analizzeremo il processo di dissalazione e come può fornire acqua potabile pulita alle comunità che più ne hanno bisogno.
Il processo di dissalazione rimuove il sale dall’acqua di mare per produrre acqua dolce da utilizzare e consumare.
Esistono due metodi principali di dissalazione. Il primo è la distillazione termica, in cui il calore viene utilizzato per far bollire l'acqua di mare e rimuovere il sale durante il processo. Questo è il metodo tradizionale ed è utilizzato da secoli, fin dai tempi in cui le navi ricorrevano alla dissalazione durante i lunghi viaggi. È preferibile collocare questa tipologia di impianti di dissalazione vicino alle centrali elettriche, in modo da poter sfruttare il calore residuo per il processo.
Il secondo metodo principale è l'osmosi inversa. Il processo di osmosi inversa consiste nel filtrare l'acqua di mare attraverso una membrana per separare l'acqua dalla sua componente salina. Si tratta di una tecnologia abbastanza recente, poiché il primo impianto di dissalazione che utilizzava l'osmosi inversa negli Stati Uniti è stato commissionato in California negli anni '70. Negli ultimi anni è diventata la tendenza prevalente perché è più efficiente della distillazione termica, tuttavia, il processo richiede molta più energia.
È chiaro che disponiamo della tecnologia di dissalazione efficiente per produrre acqua potabile, tuttavia una delle critiche più importanti che viene mossa contro questi metodi è che entrambi sono ad alta intensità energetica e causano grandi quantità di emissioni di gas serra. E se fossimo in grado di decarbonizzare il processo?
Un sistema a osmosi inversa utilizzato per il trattamento dell’acqua.
Se l’industria vuole sviluppare nuovi progetti di dissalazione, deve impegnarsi più concretamente nella decarbonizzazione e nella riduzione delle emissioni di carbonio legate al processo. Esistono diverse modalità per perseguire questo obiettivo. Un approccio efficace alla decarbonizzazione coinvolge:Esaminiamo ciascuno di questi concetti di seguito.
È necessario un approccio che coinvolga tutte le parti interessate.
Sebbene la decarbonizzazione del processo di dissalazione contribuisca sicuramente a rendere questi progetti più appetibili al pubblico, gli ambientalisti nutrono altre preoccupazioni.
Una delle principali preoccupazioni della comunità ambientalista è un sottoprodotto del processo di dissalazione: la salamoia. La salamoia è un residuo ricco di sodio che si forma quando l'acqua di mare viene concentrata per produrre acqua dolce. Deve essere trattata e smaltita in modo adeguato per evitare danni all'ambiente. La buona notizia? Dalla salamoia possono essere recuperati dei materiali utili e, quindi, può presentare dei vantaggi come sottoprodotto.
Un'altra preoccupazione ambientale è l'immissione di acqua marina concentrata nel mare. I critici ritengono che questi sistemi di scarico possano potenzialmente causare danni agli ecosistemi sottomarini e alle specie che vi risiedono. Esistono preoccupazioni simili riguardo allo scarico dell'acqua nel mare. L'acqua viene trattata in modo responsabile? Oppure rimane ancora della salamoia residua che potrebbe danneggiare l'ambiente? Queste sono domande a cui è necessario rispondere prima che questo tipo di progetti possa essere realizzato con successo.
Fonti di energia rinnovabile, come l’eolico offshore, possono contribuire a ridurre l’impronta di carbonio del processo di dissalazione.
Attualmente esistono oltre 17.000 impianti di dissalazione in tutto il mondo. La maggior parte di essi si trova in Medio Oriente, in paesi come l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Ciò non sorprende, dato che questa regione arida è praticamente priva di fonti di acqua dolce, almeno non sufficienti a soddisfare in modo sostenibile il fabbisogno della popolazione. In Italia, al momento sono attivi solamente 40 impianti di dissalazione e quasi tutti di taglia molto piccola. Questa tendenza potrebbe cambiare, in particolare nel meridione d’Italia, dove la siccità è sempre più frequente.
Torniamo al Medio Oriente, dove la dissalazione è una pratica estremamente comune. Il motivo è semplice: hanno un disperato bisogno di acqua. Inoltre, dispongono di energia in abbondanza, poiché la regione si trova su enormi riserve di petrolio e gas. La distillazione termica ha senso in queste zone, poiché gli impianti di dissalazione sono situati proprio accanto alle centrali elettriche, in modo da poter sfruttare l'elettricità e il calore residuo per alimentare il processo. Sebbene questo processo sia meno efficiente e comporti un maggiore spreco di acqua, riduce l'intensità energetica.
I progetti di dissalazione possono incontrare maggiori ostacoli nelle regioni in cui sono in vigore politiche più severe in materia di consumo energetico, o in paesi, come l’Italia, in cui i costi della risorsa idrica e la sua disponibilità ancora elevata non spingono ancora verso l’implementazione di questa pratica. La tendenza però cambierà in tempi brevi a causa della riduzione della risorsa e della conseguente variazione dei costi per gli usi principali, in particolare quelli irrigui e idropotabili.
Un moderno impianto di dissalazione sulle coste del Golfo Arabico.
Mentre continuiamo a navigare attraverso la transizione energetica, dobbiamo comprendere due verità certe: dobbiamo continuare a ridurre la quantità di emissioni di gas serra rilasciate nell'atmosfera e abbiamo anche bisogno di acqua. Meno del 3% di tutta l'acqua presente sulla Terra è acqua dolce, quindi, se riusciamo a trovare un modo per sfruttare in modo sostenibile l'acqua di mare, saremo in grado di fornire acqua dolce in abbondanza alle comunità che ne hanno bisogno.
Ridurre l'intensità di carbonio del processo di dissalazione contribuirà a rendere questi progetti più realizzabili e questo dovrà continuare a essere il nostro obiettivo mentre combattiamo le crisi idriche e climatiche globali.